le altre parole

Le altre parole sono quelle che non si dicono nello spazio concreto degli incontri, sono quelle che sfuggono all'attimo, ma si raccolgono tra la sabbia del "volevo dire", sono le frasi che possono colorare di rosso le guance e per questo si preferisce scriverle, sono i racconti che hanno bisogno di tempo, sono il filo di lettere che cerca di tenere collegati due momenti distanti, sono le parole che hanno bisogno di restare fisse e ben visibili da tutti... scrivi a mirkoartuso@libero.it

17.7.07

ritratti per "con la notte nel cuore, ovvero il mistero del tassidermista" - di Mirko Artuso



Un racconto al giorno

1.
EMILIO FRANCHETTO
pilota

Un terribile mal di denti non gli dava tregua quella notte.
Dalla sua finestra vedeva un vortice di foglie salire al cielo.
Sentiva l’odore del cibo che aveva portato al suo cane prima di coricarsi.
Avrebbe gradito dormire qualche ora, prima del volo.

2.
CLAUDIA FRANCHETTO
pensionata

Parlava da ore dello stesso argomento con la sorella.
Non ricordava però l’ora in cui aveva partorito il quinto figlio e nemmeno il numero della stanza in cui era stata ricoverata.
Portava con sé, nascosto nel reggiseno un fiore secco, raccolto da bambina in un bosco del Cadore. Conosceva a memoria le canzoni di Nilla Pizzi.

3.
FABIO FRANCH
AVVOCATO PENALISTA

Stava raccogliendo un’intera confezione di zucchero caduta sul pavimento della cucina. Non riuscì ad alzare lo sguardo. Il dolore fu atroce. Rapido il sangue correva sul pavimento mescolandosi allo zucchero e tingendolo di rosso. Sentiva ridere alle spalle e non riusciva a muovere un solo passo per liberarsi da quella condizione. Un urlo di donna interruppe il silenzio. Tre, o forse quattro persone si scambiarono frettolosamente qualche battuta, risero ancora e se ne andarono.
Non aveva immaginato una simile fine.

4.
FULVIA FRANCO
Pediatra

Si era già più volte rivolta alla polizia municipale per sottoporre il suo caso.
Aveva inviato lettere di protesta al Sindaco e agli assessori competenti. Ma non era servito a nulla. Ogni sera si ripeteva la stessa storia. Un gruppetto di adolescenti tiravano attraverso la finestra del suo studiolo corpi di uccelli morti in volo. Forse, incapaci di atterrare. I bambini che aveva amorevolmente curato per anni, ora erano cresciuti. Pallida in volto urlava: “basta, finitela…” e si risvegliava bagnata di sudore. Cercava ogni volta il corpo degli uccelli volati dalla finestra sul pavimento, ma non li trovava.
Il comandante della polizia municipale le aveva consigliato di parlarne con un medico o con qualcuno che in qualche modo potesse aiutarla.

5.
EMILIANO FRANCESCHETTO
Operaio specializzato

Abile nei sotterfugi, aveva convinto la moglie a seguirlo quella sera. Prima che i vicini tornassero dal lavoro aveva cosparso il prato con un potente diserbante. Lo aveva opportunamente bagnato, e poi si era seduto con la moglie su due comode poltroncine in vimini ad aspettare. Fumava solo in certe occasioni, questa era una di quelle occasioni. La moglie con i capelli raccolti, gli occhi socchiusi godeva degli ultimi raggi di sole prima del tramonto. Non erano nati figli, avevano fatto molte visite di controllo pagando profumatamente i migliori specialisti. Avevano l’esenzione I.V.A per l’acquisto delle automobili.

6.
BARBARA FRANCESCHETTO
INVALIDA CIVILE

Moglie di Emiliano. Costretta su una sedia a rotelle non aveva mai creduto alle suggestione del marito che insisteva nel coinvolgerla. Si limitava a seguire amorevolmente i desideri del marito. Prestava servizio di volontariato presso un centro di riabilitazione per disabili della città. Amava fotografarsi in giardino ogni mattina appena sveglia. I vicini la guardavano increduli.
La sua vita onirica spesso era interrotta da scene erotiche con animali.

7.
DAVIDE FRANCESCHI
PIZZAIOLO

Di solito andava a piedi a lavorare. Fischiando. Quel pomeriggio, poco dopo le diciassette era uscito di casa e camminando verso l’automobile cercava nelle tasche dei pantaloni le chiavi. Strette nel pugno della mano destra alcune piume colorate, non le chiavi, ma delle piume dai colori cangianti. Tornò in casa e non diede importanza alle piume e le gettò sul marciapiede. Era in ritardo.
Il suo sogno segreto era di vincere un concorso televisivo per dilettanti. Cantava con passione e impegno. Ogni mattina con il sorgere del sole.

8.ALBERTO FRANCESC
ARTIGIANO

Parlava di donne al bar con gli amici. Il volume della sua voce sovrastava quello della musica alla radio. I mezzi pubblici erano in sciopero per tutta la mattina. Un caffè ancora e poi di corsa al lavoro. I vetri del bar si frantumarono seguiti dal frastuono dei pezzi e le schegge che cadevano a terra. Infiniti pensieri attraversarono la mente degli avventori in quell’istante. L’odore dell’asfalto bagnato pervase la stanza, il calendario della squadra del cuore mosso dal vento cadde anche lui tra i vetri. Alberto si chinò e raccolse tra i vetri quei corpi bagnati e privi di sensi. Il caffè si era raffreddato nella tazzina. Il sole stentava ad illuminare quella grigia giornata.

9.
LAURA FRANCESCHET
INFERMIERA

Non amava uscire accompagnata da uomini che non conosceva. Farsi vedere per strada truccata e vestita a quel modo. Provava vergogna, imbarazzo.
Preferiva vedere i suoi amanti in casa. Cucinare per loro, bere con loro qualche bicchiere di vino d’annata, amarli e dare loro un altro appuntamento se lo riteneva opportuno. Si vestiva di blu. Era una specie di volo a planare l’abbraccio in cui si lasciava cadere. Pervasa dai brividi, quasi a perdere i sensi. Gemeva. Stridulo il suono. Poi, breve, il sonno la rapiva.
Le piacevano i fiori recisi.

10.
BEPPE FRANCHIN
AGRICOLTORE

Passava le ore in sella al trattore, avanti qualche metro e poi indietro, senza sosta, sempre uguale. Come fosse costretto da un recinto invisibile, una gabbia. Di tanto in tanto alzava gli occhi al cielo, ma era chiaro dal suo sguardo assente che non trovava ciò che stava cercando. Avanti, indietro. Avanti, indietro. Per ore. In fondo al cortile il figlio, Aurelio lo stava guardando. Si era convinto che il padre sarebbe guarito. Non aveva perso la speranza. Gli mandava baci con la mano da lontano e sorrideva. Negli ultimi giorni non scendeva più, nemmeno per mangiare. Avanti, indietro. Avanti, indietro.

11.
LAURO FACCHINEL
IMBIANCHINO

Sotto casa teneva in bella vista una collezione di vecchie gabbie per uccelli.
I volatili , no, quelli li aveva liberati, lasciati andare molto tempo fa.
In molte delle case private che aveva negli anni ridipinte, quasi sempre di bianco, (non amava i colori) lasciava un segno. Un graffio sulla calce con le sembianze di un rapace in picchiata sulla preda indifesa. In ognuna di queste stanze ancora oggi si trova il segno che Lauro era solito lasciare.
Non chiedeteci perché. Lauro riposa nella casa per anziani e non parla più con nessuno. Nessuno.

12.
EMANUELA FRANCINEL
IMPIEGATA

Non trovava gli occhiali. Che novità. Beveva un sorso d’acqua, girava su se stessa in una piroetta che spostava l’aria e li trovava. Di solito là, dove li aveva lasciati. Emanuela posava i piedi per terra poche volte in un giorno, leggera fluttuava con la velocità dei pensieri. A colori. Pensava a colori. Cattolica, praticante; pregava per ore e sperava il suo ritorno, lo aveva sperato per anni, anni e anni ancora. Giurava a tutti che avrebbero preso il volo se solo fosse tornato. Se solo fosse tornato a cercare con lei almeno un’ultima volta gli occhiali. E’ rimasta l’eco delle sue risa. I suoi vestiti a fiori appesi nell’armadio vicino alla finestra, le tavole pitagoriche incise sulla creta che aveva appoggiato sul terrazzo ad asciugare al sole. Vista da dietro aveva l’andatura di un inciampo.

13.
ILARIO FRANCHET
COMMERCIANTE

MARCO: Contava i battiti, il ticchettio del becco sulle stecche di legno della gabbia.
Le segnava a matita su un quaderno a righe con le pagine profumate.
Contava i passaggi dall’una all’altra e anche questi li segnava con precisione sullo stesso quaderno. Teneva a memoria le condizioni meteorologiche in cui avvenivano queste osservazioni. Si accorse per esempio che la neve caduta durante la notte aveva notevolmente rallentato i passaggi, il ticchettio del becco e tutte le altre ossessive abitudini. Aveva persino provato a cambiare la gabbia; le misure, gli spazi erano cambiati. Le ossessive abitudini, no, quelle no. Ne aveva parlato con Alessia la figlia “minore”. Aveva provato a convincerla. Ma lei testarda non ne voleva sapere. Continuava. Gli stessi battiti, il ticchettio del becco…

GIOVANNA: All’ultima assemblea di condominio si erano lamentati anche i vicini, due anziani ancora in gamba che non avevano più voluto avere animali in casa da quel giorno. Mai più giurarono. Mai più.

14.
PAOLA FRANCESCHIN
ESTETISTA

Aveva programmato una breve vacanza con quello che continuava a definire:”Un amico…è solo un amico ti ho detto!” ma che tutti sapevano essere l’amante. Pensava che sarebbero andati in quella città in riva al mare, avrebbero noleggiato una barca con il motore e, preso il largo, avrebbero fatto l’amore. Non andò così, non si fermarono in una città in riva al mare e non fecero nemmeno l’amore. Litigarono per ore senza un motivo apparente alla fermata dei taxi davanti alla stazione dei treni. Farebbe bene a rivolgersi a un chirurgo estetico ora con quel graffio in faccia. Sembra un artiglio.

15.
Eloisa Fava
disoccupata

pronto! potresti prendermi... latte?, mezzo litro, uova fresc... pronto? mi senti?
ho detto latte, sì, mezzo,... mezzo litro intero e uova fresche. grazie. ciao. a dopo. bacio, bacio, ciao, ciao...
non era più tornata, sua madre non smetteva di pensare a quell'ultima telefonata: ... mezzo litro intero... pronto? mi senti? bacio, bacio...
l'azzurro dei lampeggianti riflesso contro il muro le suggeriva angoscia, le domande, infinite, della polizia le davano un profondo senso di vuoto, di inutile.
Eloisa dov'era? questa era l'unica domanda dalla quale voleva una risposta.
erano le sette di sera, quando finalmente i lampeggianti smisero di torturarle l'anima e gli occhi. con loro se ne andò anche la speranza di rivedere Eloisa .

16.
Davide Fatti
custode

Un suono secco, un vetro in frantumi, un sasso sul pavimento, un tonfo sordo sulle scale. Si era girato con le mani bagnate e fredde, di ghiaccio. Quel suono, improvviso, senza capire da dove esattamente, lo aveva distratto dal pesce che stava pulendo, doveva essere la cena per lei e lui finalmente insieme. Lei e lui finalmente insieme.
Da qualche mese si sentiva osservato, tanto da sentirsi minacciato. Usciva dal museo dove lavorava come custode, e insospettito da strani movimenti tutto intorno, cambiava spesso strada per tornare a casa. Oppure si fermava inaspettatamente al bar, o in edicola, insomma cercava di spezzare le abitudini e di confondere chi secondo lui, lo stava in quel momento inseguendo.
Faceva molto caldo quella sera, i suoni intorno erano ovattati e stanchi, tutto nell'aria sembrava sospeso.

17.
Dino Fogli
chimico

Non voleva sedersi, diceva:"Ho le gambe gonfie, mi danno fastidio le ginocchia, le sento a tratti più calde e a tratti più fredde". Tremava aveva paura e non sapeva di cosa esattamente. Senza accorgersene staccava piccoli pezzi di pelle con le unghie e ne faceva delle minuscole palline. Dal naso colava un rivolo di sangue denso. Non ricordava. Non riusciva nonostante lo sforzo a ricordare.

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