le altre parole

Le altre parole sono quelle che non si dicono nello spazio concreto degli incontri, sono quelle che sfuggono all'attimo, ma si raccolgono tra la sabbia del "volevo dire", sono le frasi che possono colorare di rosso le guance e per questo si preferisce scriverle, sono i racconti che hanno bisogno di tempo, sono il filo di lettere che cerca di tenere collegati due momenti distanti, sono le parole che hanno bisogno di restare fisse e ben visibili da tutti... scrivi a mirkoartuso@libero.it

13.12.06

I passi: dialogo tra Elisa e il Piccolo Principe

DIALOGO TRA ELISA E IL PICCOLO PRINCIPE

E: Ciao, ma sei solo qui?
PP: Si…
E: beh, un bambino piccolo come te che cosa ci fa qui tutto solo?
PP: sono venuto fin qui per vedere quanti pianeti oltre al mio esistono.
E: Perché tu da dove vieni?
PP: Dall’ asteroide B 612 e tu?
E: Scusami… come da un asteroide, faccio fatica a crederlo.
PP: Si, si, vengo proprio da li.
E: Ma hai sembianze umane, quale è il tuo nome?
PP: mi chiamo Piccolo Principe e tu?
E: Elisa.
PP: Anche tu vieni da un pianeta lontano e sei venuta fino a qui per vedere cosa c’è qui giù?
E: No, io vengo dalla terra, provengo da una città molto, molto, lontana, e se devo essere sincera non so neanche come ho fatto ad arrivarci in questo deserto. Ma tu non hai paura, tu non sei triste, tu non sembri smarrito, come mai ho più paura io di te che sono grande e tu piccolino?
PP: Perché ho la mia rosa che mi aspetta.
E: La tua rosa? Beh hai solo una rosa che ti aspetta su tutto il tuo pianeta?
PP: Solo una rosa dici? Ma è la mia rosa.
E: Sarà anche tua ma sempre una sola rosa è.
PP: Tutte le altre rose possono anche essere uguali alla mia rosa ma sono vuote, nessuno le ha addomesticate, certamente un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa assomigli alle altre, ma lei, lei sola è più importante di tutte, perché è lei che ho innaffiata, perché è lei che ho messo sotto la campana di vetro, perché è lei che ho riparata con il paravento, perché su di lei ho ucciso i bruchi. Perché è lei la mia rosa.
E: E oltre la tua rosa?
PP: Ma il mio pianeta è piccolino, ogni giorno, appena ho finito di lavarmi, faccio la pulizia del pianeta, strappo i baobab appena li distinguo dai rosai, ai quali assomigliano molto quando sono piccoli, solo che se non si arriva in tempo a strapparli le radici ingombrano tutto, lo trapassano, e il pianeta scoppia.
E poi ogni giorno spazzo il camino dei miei vulcani in attività, che mi servono per scaldare la colazione, e spazzo anche il camino del vulcano spento che non si sa mai.
E: Addirittura, cosi piccolino è il tuo pianeta…
PP: disegnami una pecora per aiutarmi.
E: Per aiutarti che vuol dire?
PP: Si le pecore mi aiuteranno a mangiare le radici di baobab
E: Ma io non sono brava a disegnare, comunque ci provo.
PP: Questa è una pecora malaticcia, disegnane un’altra.
E: Questa ti piace di più?
PP: Questa è un ariete, le pecore non hanno le corna.
E: E questo allora ti va bene?
PP: Questo è proprio quello che volevo.
E: Ma se è una scatola con dei buchi…
PP: La pecora è dentro.
Come in questo disegno che tutti gli adulti credono che sia un cappello, invece è un boa che inghiotte un elefante.
Non avrei mai pensato che gli adulti avessero una mancanza di immaginazione così grande e scoraggiante.
E: Hai ragione, ma grazie a te e a tutte le cose che mi hai raccontato e fatto vedere anche io adesso posso iniziare a vedere con occhi diversi.
PP: Ma gli occhi sono ciechi, bisogna cercare solo con il cuore.
E: In effetti la pecora non si vede nel disegno, ma tu sai che c’è.
PP: La volpe una volta mi insegnò che l’essenziale è invisibile agli occhi, non si vede bene che con il cuore, e gli uomini hanno dimenticato questa verità.
E: Questa allora diventerà anche la mia verità.
PP: Ora che ti ho aperto il cuore torno dalla mia rosa.
E: Addio allora se non ci dovessimo più incontrare, è stato un piacere parlare con te. Mi hai insegnato tantissime cose. Torna dalla tua rosa, che io andrò finalmente a cercare la mia, e non la guarderò più con gli occhi soltanto ma anche con il cuore.

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