le altre parole

Le altre parole sono quelle che non si dicono nello spazio concreto degli incontri, sono quelle che sfuggono all'attimo, ma si raccolgono tra la sabbia del "volevo dire", sono le frasi che possono colorare di rosso le guance e per questo si preferisce scriverle, sono i racconti che hanno bisogno di tempo, sono il filo di lettere che cerca di tenere collegati due momenti distanti, sono le parole che hanno bisogno di restare fisse e ben visibili da tutti... scrivi a mirkoartuso@libero.it

17.10.06

I passi: collage Divakaruni-Pennac

Il collage di Orietta tra “La maga delle spezie” di Chitra Banerjee Divakaruni e “Ultime notizie dalla famiglia “ Daniel Pennac:

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A: Jagjit con quei polsi sottili e fragili, che ha problemi a scuola perché ancora parla solo punjabi. Jagjit, piazzato dalla maestra nell’ultima fila accanto al bambino dagli occhi blu che perde le bave. Jagjit che ha imparato la sua prima parola in inglese. "idiota.idiota.idiota".
"Imbecille", la sua seconda parola inglese. E le ginocchia sbucciate sulla ghiaia.
Jagjit che si morde il labbro per non piangere. Che raccatta il turbante sporco di fango, se lo riaggiusta pian piano e torna dentro.

B: Non è il padre che conta, è il seguito! Sei tu! Sei tu che conti!

A: "Jaggi, come mai ti sporchi sempre tanto a scuola, qui manca un bottone e guarda questo strappo nella camicia, badmash, pensi che li fabbrichi i soldi, io?"
Di notte sta nel letto con gli occhi aperti, fissando le stelle finché non diventano tremule come le lucciole alla kheti della nonna nelle campagne di Jullunder. La nonna canta raccogliendo per la cena ciuffi di saag verdi quanto il suo turbante. Parole punjabi dal ritmo della pioggia.

B: Mi ascolti, sì?
Tornerai, sì?

A: Jagjit, tornano a tormentarti quando alla fine sei costretto a chiudere gli occhi, perché cos'altro puoi fare. Mani che tirano giù i calzoni in mezzo al cortile, e le bambine stanno a guardare.

B: Non era niente! Solo parole! Solo per l’ironia delle parole! Una brutta abitudine della lingua: giocare con il fuoco finché il fuoco non ha preso... mostrare i bicipiti davanti allo specchio dei fantasmi.

A: "Choodo mainu"
"Parla inglese, figlio di puttana. Dì qualcosa sporco negro, cagasotto idiota"
"Jaggi, cosa vuol dire 'non voglio andare a scuola', e a che scopo allora tuo padre sia ammazza di lavoro in fabbrica? Due schiaffoni ti faranno cambiare idea”

B: Io voglio vederla occuparsi di te...
Fare la mamma di tutti i giorni...
Una piccola sosta nell’eroismo...
Qualche anno di naturalità.
Che si occupi di te e lasci perdere il mondo...
Che tanto il mondo non si occupa di niente!
"Cerchiamo di non andare sul patetico…"

A: Cardamomo che stanotte spargerò al vento per te. Il vento del nord lo porterà alla tua maestra per aprirle gli occhi. E spargerò anche chiodi di garofano, doci e pungenti, lavang, spezia della compassione. Così la tua mamma d’un tratto alzando gli occhi dalla bacinella del bucato, scostandosi i capelli dalla faccia stanca: "Jaggi, beta, raccontami cos'è successo". E ti stringerà tra le braccia insaponate.
E ora la cannella, un osso scuro e cavo: te lo infilo non vista nel turbante un attimo prima che tu esca. La cannella capace di procurare amici, la cannella dalchini bruna e calda quanto la pelle, per aiutarti a trovare qualcuno che ti prenda per mano, che corra ridendo ridendo con te e ti dica: "vedi, questa è l'America, non è poi così male".
E per tutti gli altri, quelli dagli occhi duri come pietre, la cannella distruttrice dei nemici per darti forza, forza alle gambe e alle braccia, ma soprattutto alla bocca perché un giorno tu sappia gridare: No, abbastanza forte da riuscire a fermarli, inermi e sbigottiti.

B: "Da dove ti viene questa religione dell’amore. Benjamin? Dove te lo sei beccato questo vaiolo rosa? Cuoricini che puzzano di melassa! Quello che tu chiami amore…Nella nella migliore delle ipotesi sono semplici voglie! Nella peggiore, abitudini! In entrambi i casi una messiscena! Nient’altro che fifa, intrallazzi, trucchi, eccolo qua il grande amore! Una sporca gabola per dimenticare chi siamo! E riapparecchiare il tavolo tutti i giorni! Quanto rompi, Malaussène, con l’amore! Cambiati gli occhi! Apri la finestra! Comprati un televisore! Leggi il giornale! Impara la statistica! Entra in politica! Lavora! E poi ne riparleremo, del grande amore"
Fa un lungo respiro.
Poi dice:
"Scusami".
"Non è niente"
"E’ passato."
Ripete:
"Scusami".

1 Commenti:

Blogger Mirko Artuso ha detto...

molto bene, forza e coraggio.

16:50  

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